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Siamo tutti noi un pò Elisabetta Franchi? Riflessioni sulla maternità e mondo del lavoro

Mi ha fatto riflettere la quantità di post di indignazione sul discorso di Elisabetta Franchi. Io credo che tutti noi, chi più chi meno, abbiamo almeno una volta alimentato o contribuito direttamente o indirettamente a questa mentalità.

Inizio io.

Un paio di anni fa sono stata contattata da un’azienda che cercava personale. La responsabile mi aveva anticipato i requisiti e mi aveva detto “mi raccomando non donne di trent’anni che ci manca solo che restino incinta e me le devo sobbarcare io”. La cosa che mi aveva colpito, al di là del contenuto, era il modo sprezzante con cui me lo avesse detto. Ci avevo pensato due giorni e poi decisi di non prendere il mandato. Ma me lo potevo permettere, perché ero freelance e potevo scegliere con chi lavorare.

In tante altre occasioni invece, da dipendente, mi sono attenuta ai requisiti che mi erano stati dati, tra cui tante volte quello di cercare un uomo e non una donna. E non perché ci fosse la necessità di bilanciare il team, o perché stessi cercando un bodyguard o perché il ruolo richiedesse una certa forza fisica, ma semplicemente perché “meglio un uomo che non ha il problema dei figli e non prende troppi permessi”.

Un’altra volta, dopo aver trovato e assunto una brava candidata, a seguito di un iter di selezione non banale, la responsabile e la direttrice del personale si arrabbiarono perché questa ragazza non aveva riferito durante i colloqui che di lì a poco si sarebbe sposata. Qual era il problema? Il “pericolo” che potesse andare in maternità subito. Fui ripresa anch’io, perchè probabilmente mi ero orientata sulla persona sbagliata. Me lo ricordo ancora, questa ragazza mortificata, perché tacciata di non essere stata trasparente, appena entrata in azienda dovette giustificarsi assicurando che si sarebbe solo sposata e che non avrebbe avuto intenzione di fare un figlio nei successivi 2 anni.

E poi ricordo tanti commenti da parte di Responsabile HR o Manager nei confronti di collaboratrici che andavano in maternità anticipata. “La maternità non è una malattia, le fa comodo stare a casa da subito, io sono venuta a lavorare fino all’8 mese ecc…”. Ma le maternità sono tutte uguali? Forse no. Ci sono donne fortunate che hanno gravidanze serene. Ma non per forza il percorso di una deve essere uguale a quello di un’altra. Che ne sappiamo di quello che succede alle altre donne? Magari hanno avuti aborti in passato, o hanno nausee che le impediscono di lavorare o hanno gravidanze a rischio.

Non so se sia un caso, ma la maggior parte delle volte questi commenti e richieste sono arrivate proprio da donne. Dovremmo essere più comprensive e sensibili e invece c’è a volte una totale mancanza di empatia e compartecipazione.

Non è solo una questione legata a PMI a gestione familiare o stampo padronale, nè alla figura del solo imprenditore. È qualcosa che coinvolge sì il vertice aziendale, ma anche in primis noi HR e tutti coloro che gestiscono collaboratori e che quindi partecipano a processi di selezione e alla gestione del personale. Ad esempio, di tutti i casi che ho riportato nessuno è legato a un imprenditore, ma tutti a responsabili di qualche funzione, e alcuni esempi riguardano multinazionali ben strutturate e promotrici (paradossalmente) di politiche a tutela della diversity e della parità di genere.

Ecco, io non credo che dobbiamo scomodare Elisabetta Franchi per fare una riflessione profonda e sincera sulle nostre aziende e sul modo in cui tutti noi ci approcciamo al problema. A volte anche solo un commento può essere il frutto di una mentalità discriminatoria. Non è un problema di singoli soggetti ma sistemico e culturale, di cui tutti noi siamo responsabili. E’ che a volte è più facile puntare il dito su fatti grossi che generano scalpore ed è più difficile farsi un esame di coscienza. Ma è solo iniziando dal piccolo e da noi che si possono cambiare le cose.

Giada

fiorentemente

Come rispondere in inglese a un recruiter che non sei interessato alla posizione

Capita sempre più spesso di ricevere su Linkedin messaggi da parte di recruiter stranieri che ci propongono opportunità di lavoro. A volte sono ruoli global interessanti che ci vengono proposti proprio quando siamo in ricerca attiva di lavoro e possono rappresentare delle buone opportunità di carriera. A quel punto basta rispondere al recruiter che siamo disponibili per una call o una videointerview.

Cosa fare invece se non stiamo cercando un cambiamento lavorativo o se l’opportunità non ci interessa? Come rispondere in inglese a un recruiter per dirgli che non siamo interessati, senza apparire maleducati e perdere la chance di essere ricontattati in futuro? Ecco 4 consigli + tanti esempi di risposta in inglese che puoi dare al recruiter 😉

4 consigli per rispondere al recruiter

Rispondi sempre – Anche se non sei interessato, invia sempre la tua risposta anche se questa dovesse essere negativa.

Dì la verità – Se il recruiter dovesse chiederti le ragioni che ti spingono a non valutare l’offerta, rispondi sempre con sincertà. Non cerchi un cambiamento lavorativo perchè sei contento della tua attuale azienda? Pensi che la posizione non sia adatta a te? Se rispondi con sincerità potrai aiutare il recruiter a orientare meglio la ricerca di candidati.

Metti a disposizione il network – Conosci qualcuno che a contrario di te potrebbe essere interessato all’opportunità? Chiedi al recruiter se puoi condividere le sue info di contatto e l’offerta con conoscenti. Potresti aiutare un collega o amici a trovare lavoro!

Mantieni il contatto – Come si dice…sempre meglio lasciare sempre una porta aperta! E’ vero ora non sei interessato, ma in futuro chissà. Salvati i dati di contatto del recruiter, ringrazialo e digli che ti riservi di ricontattarlo in futuro.

Esempi di risposta che puoi dare in inglese in base alla tua motivazione

Ecco alcuni esempi di risposta in inglese che puoi dare al recruiter, suddivisi in base alla motivazione, per giustificare il tuo no.

✔ Se stai bene nella tua azienda o se sei contento del tuo ruolo attuale

  1. “Thank you for considering me for the [position] at [company], but I am happy with my current employer.”
  2. “Thanks for reaching out, but I am not looking for a change in my career at the time.”
  3. “After carefully considering this position, I decided to stay where I am at”